L’incoronazione
Charles Eisenstein, April 2020
Per anni, abbiamo stirato la normalità quasi fino ad arrivare allo strappo, , una corda sempre più tesa, che aspetta la beccata del cigno nero[1] per spezzarla in due. Ora che la fune si è spezzata, rileghiamo di nuovo le estremità, o sciogliamo le sue frange penzolanti per vedere che cosa potremmo tessere con esse?
Il Covid-19 ci mostra che quando l'umanità è unita in una causa comune, un cambiamento straordinariamente rapido diventa possibile. Nessuno dei problemi del mondo è tecnicamente difficile da risolvere; essi hanno origine in un disaccordo umano. Quando c’è coerenza, i poteri creativi dell'umanità sono illimitati. Qualche mese fa, la proposta di bloccare i viaggi aerei commerciali sarebbe sembrata assurdo. Lo stesso vale per i cambiamenti radicali che stiamo facendo nel nostro comportamento sociale, nell'economia e nel ruolo che il governo ha nella nostra vita. Il Covid dimostra il potere della nostra volontà collettiva quando siamo d'accordo su ciò che è importante. Cos'altro potremmo ottenere agendo in coerenza? Cosa vogliamo raggiungere e quale mondo creeremo? Questa è sempre la domanda che segue quando qualcuno si risveglia al proprio potere.
Il Covid-19 è come un intervento di riabilitazione che rompe la dipendenza dalla normalità. Interrompere una dipendenza significa renderla visibile; significa trasformarla da una compulsione ad una scelta. Quando la crisi si placherà, forse avremo l’occasione di chiederci se vogliamo tornare alla normalità, o se forse abbiamo colto qualcosa durante questa pausa dalla routine, che vogliamo portare nel futuro. Potremmo chiederci, dopo tanti posti di lavoro persi , se tutti quei mestieri sono veramente necessari, e se il nostro lavoro e la nostra creatività potrebbero essere meglio applicati altrove. Potremmo chiederci, dopo averne fatto a meno per un po', se abbiamo davvero bisogno di tanti viaggi aerei, di vacanze a Disneyworld o di mostre-mercato. Quali parti dell'economia vorremmo ripristinare e quali lasciar perdere? Ed ancor più seriamente,quali delle cose che ci vengono sottratte in questo momento (libertà civili, libertà di aggregazione, sovranità sui nostri corpi, raduni di persona, abbracci, strette di mano e vita pubblica) dovremo riconquistare esercitando la nostra volontà, personale e politica ?
Per gran parte della mia vita ho avuto la sensazione che l'umanità si stesse avvicinando a un bivio. La crisi, il crollo, la rottura erano sempre imminenti, proprio dietro l'angolo, ma non arrivavano mai. Come quando si percorre una strada, e più avanti lo si vede, si vede il bivio. È appena sopra la collina, dietro la curva, oltre i boschi. Arrivati in cima della collina si realizza d’essersi sbagliati, era un miraggio, era più lontano di quanto si pensasse. Si continua a camminare. A volte lo si vede, a volte scompare dalla vista e sembra che la strada continui per sempre. Forse non c'è un bivio. No, eccolo di nuovo! Sembra sempre quasi qui. Non è mai qui.
Ora, all'improvviso, facciamo una curva ed eccolo di fronte a noi. Ci fermiamo, stentiamo a credere che stia succedendo ora, dopo anni in cui siamo stati obbligati a stare sulla strada dei nostri predecessori, stentiamo a credere di avere finalmente una scelta. Abbiamo ragione a fermarci, sbalorditi dalla novità della nostra situazione. Ci sono centinaia di percorsi che si irradiano davanti a noi. Alcuni conducono nella stessa direzione in cui siamo già stati diretti. Alcuni portano all'inferno sulla terra. E alcuni portano ad un mondo più sano e più bello di quanto abbiamo mai osato credere fosse possibile.
Scrivo queste parole con l'obiettivo di stare qui insieme a voi - frastornato, forse spaventato, ma anche con un senso di nuova possibilità - in questo punto in cui i sentieri divergono. Osserviamo alcuni di essi e vediamo dove conducono.
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La scorsa settimana ho sentito la seguente storia da un'amica. Si trovava in un alimentari e ha visto una donna singhiozzare nel corridoio. Trasgredendo le regole di distanziamento sociale, è andata dalla donna e l'ha abbracciata. “Grazie”, ha detto la donna, “è la prima volta che qualcuno mi abbraccia negli ultimi dieci giorni”.
Stare senza abbracci per alcune settimane sembra un piccolo prezzo da pagare se tale rinuncio aiuta ad arginare un'epidemia che potrebbe costare milioni di vite. Vi è una motivazione importante per il distanziamento sociale nel breve termine: la prevenzione di un'improvvisa ondata di casi di Covid che travolga il sistema medico. Vorrei porre tale motivazione in un contesto più ampio, soprattutto se guardiamo in una prospettiva a lungo termine. Per evitare di istituzionalizzare la distanza e di ricostruire la società attorno ad essa, cerchiamo di essere consapevoli di quale scelta stiamo facendo e perché.
Lo stesso vale per gli altri cambiamenti che accadono intorno all'epidemia di coronavirus. Alcuni commentatori hanno osservato come si inseriscano perfettamente in un programma di controllo totalitario. Un pubblico spaventato accetta riduzioni delle libertà civili che altrimenti sarebbero difficili da giustificare, come il monitoraggio costante dei movimenti di ognuno, le cure mediche forzate, la quarantena involontaria, le restrizioni ai viaggi e alla libertà di aggregazione, la censura di ciò che le autorità considerano disinformazione, la sospensione dell'habeas corpus e l'utilizzo di sorveglianza militare per i civili. Molti di questi provvedimenti erano in corso prima del Covid-19; fin dal suo avvento, sono stati irrefrenabili. Lo stesso vale per l'automazione del commercio, il passaggio dalla partecipazione a sport e intrattenimento alla visione su schermo, la migrazione della vita dagli spazi pubblici a quelli privati, il passaggio dalle scuole locali all'istruzione online, il declino dei negozi fisici, ed il trasferimento del lavoro umano e del tempo libero sugli schermi. Il Covid-19 sta accelerando tendenze politiche, economiche e sociali preesistenti.
A breve termine, tutto quanto menzionato sopra è giustificato dal fatto di appiattire la curva (la curva di crescita epidemiologica); tuttavia stiamo anche sentendo parlare molto di una “nuova normalità”; vale a dire, le modifiche potrebbero non essere affatto temporanee. Poiché la minaccia di una malattia infettiva, come la minaccia del terrorismo, non scompare mai, le misure di controllo possono facilmente diventare permanenti. Se stessimo andando comunque in questa direzione, significherebbe che l'attuale giustificazione deve far parte di un impulso più profondo. Analizzerò questo impulso in due parti: il riflesso del controllo e la guerra alla morte. Una volta compresi questi aspetti dell’impulso, emerge un'opportunità iniziatica, che stiamo già vedendo sotto forma della solidarietà, della compassione e della cura che il Covid-19 ha ispirato.
Il riflesso del controllo
Al momento in cui scrivo, le statistiche ufficiali dicono che circa 25 mila persone sono morte per il Covid-19. Quando avrà fatto il suo corso il bilancio delle vittime potrebbe essere dieci o cento volte più grande, o persino mille volte, se le ipotesi più allarmistiche si avverassero. Ognuna di queste persone ha dei cari, ha famiglia e degli amici. La compassione e la coscienza ci chiamano a fare il possibile per evitare inutili tragedie. Questo mi tocca da vicino: la mia carissima ma fragile madre è tra i più vulnerabili a una malattia che uccide soprattutto gli anziani e gli infermi.
Quali saranno i numeri finali? È impossibile rispondere a questa domanda nel momento in cui scrivo. I primi rapporti erano allarmanti; per settimane il numero ufficiale di Wuhan, diffuso ininterrottamente dai media, è stato uno scioccante 3,4%. Ciò, unito alla sua natura altamente contagiosa, indicava decine di milioni di morti in tutto il mondo, o addirittura fino a 100 milioni. Più recentemente le stime sono precipitate, in quanto è diventato evidente che la maggior parte dei casi sono lievi o asintomatici. Siccome i test sono stati deviati verso i malati gravi, il tasso di mortalità è apparso artificialmente alto. In Corea del Sud, dove sono state testate centinaia di migliaia di persone con sintomi lievi, il tasso di mortalità riportato è di circa l’1%. In Germania, i cui test si estendono anche a persone con sintomi medi, la fatalità è circa 0,4%. Un articolo recente nella rivista “Science” sostiene che l’86% degli casi delle infezioni non è stato documentato, il che indica un tasso di mortalità molto inferiore rispetto a quello attuale nel mondo.
La storia della nave da crociera Diamond Princess rafforza questo punto di vista. Delle 3711 persone a bordo, circa il 20% è risultato positivo al virus; meno della metà aveva sintomi, e otto sono morti. Una nave da crociera è un ambiente perfetto per il contagio, e c’era tempo sufficiente perché il virus si diffondesse a bordo prima che qualcuno potesse fare qualcosa, eppure soltanto un quinto era infetto. Inoltre, la popolazione era altamente tendente verso l’età anziana (come la maggior parte delle navi da crociera): quasi un terzo dei passeggeri aveva più di 70 anni, e più della metà aveva più di 60. Un gruppo di ricerca, considerando il gran numero di casi asintomatici, ha concluso che il vero tasso di mortalità in Cina si aggira attorno allo 0,5%, che è ancora cinque volte superiore all’influenza. Basandomi su quanto sopra (e calcolando una demografia molto più giovane in Africa e in Asia del Sud e Sud-est) la mia stima è attorno a 200-300mila morti negli Stati Uniti (di più se il sistema sanitario è sopraffatto, di meno se le infezioni sono dilatate nel tempo) e 3 milioni globalmente. Sono cifre serie. Il mondo non viveva qualcosa di simile dalla pandemia dell'influenza di Hong Kong nel 1968/9.
Le mie ipotesi potrebbero facilmente differire dal reale di un ordine di grandezza. Ogni giorno i media riportano il numero totale dei casi di Covid-19, ma nessuno ha idea di quale sia il numero reale, perché soltanto una minima parte della popolazione è stata testata. Se decine di milioni avessero il virus, in modo asintomatico, non lo sapremmo. A complicare ulteriormente la questione è il numero elevato di falsi positivi per i test fatti, forse fino all’80%. (Vedi qui per incertezze ancora più allarmanti sull’accuratezza dei test). Ripeto: nessuno sa cosa sta succedendo veramente, io compreso. Rendiamoci consapevoli di due tendenze contraddittorie nelle vicende umane. La prima è la tendenza dell’isteria a nutrirsi di se stessa, a escludere dati che non fanno il gioco della paura, e a creare un mondo a sua immagine. La seconda è la negazione, il rifiuto irrazionale delle informazioni che potrebbe interrompere la normalità e il comfort. La nota domanda di Daniel Schmactenberger è: “Come fai a sapere che quello che credi è vero?”.