"In Europa ci sono già i presupposti per l'esplosione di un conflitto sociale. Questo è il seme del malcontento, dell'egoismo e della disperazione che la classe politica e la classe dirigente hanno sparso. Questo è terreno fertile per la xenofobia, la violenza, il terrorismo interno, il successo del populismo e dell'estremismo politico."

mercoledì 15 dicembre 2021

Un'immagine del futuro? L'auto elettrica che raccoglie dati facciali degli automobilisti a loro insaputa.

Xpeng Motors fined by Chinese watchdog for facial recognition breach

 

 

TechNode, by Jill Shen Dec 15, 2021 

 

Chinese electric vehicle maker Xpeng has been ordered to pay RMB 100,000 ($15,710) in fines by China’s local market watchdog for collecting customers’ facial data without consent, Chinese media reported, as Beijing looks to tighten rules over user data privacy.

Why it matters: The latest penalty reflects the Chinese authorities’ goal of tightening data privacy rules following a series of controversies over the use of consumers’ personal data. The moves are changing the way Chinese tech companies operate.

 

"German automaker BMW was also found

using facial recognition technology on customers

without their knowledge"

 

Details: A district office under Shanghai’s market regulator (Shanghai Municipal Administration for Market Regulation) has imposed a fine of RMB 100,000 on an Xpeng subsidiary for unlawfully gathering facial data without customers’ knowledge, state-owned media The Paper reported Tuesday, citing Tianyancha, a Chinese business data inquiry platform.

  • The Alibaba-backed EV maker was handed the fine for installing a total of 22 facial-recognition cameras in seven showrooms in Shanghai, according to a penalty bill (in Chinese) viewed by state-owned media outlet China News Service.
  • The company reportedly used these cameras to collect more than 430,000 facial images during the first six months of this year without declaring the practice to the public, thus breaching China’s consumer protection law, the report said, citing the market watchdog.
  • Xpeng said in a Tuesday statement to local media that it used the technology to gather information such as traffic flows, hoping to improve sales and better customer service. The company added that it had deleted all collected facial data and will strictly comply with regulations and protect customers’ personal information in the future.

 

Context: Xpeng is not the first automaker in China to violate customers’ privacy. German automaker BMW was found using facial recognition technology on customers without their knowledge, state broadcaster CCTV reported in March

  • The Chinese government in August passed the Personal Information Protection Law, which came into effect on Nov. 1. The law requires companies to gain consent before collecting personal data. 
 
 

Link originale: https://technode.com/2021/12/15/xpeng-motors-fined-by-chinese-watchdog-for-facial-recognition-breach/

martedì 7 dicembre 2021

L'involuzione digitale dell'Umanità: l'epoca della solitudine (sorvegliata)

Da homo sapiens a homo digitalis: l’involuzione umana nella società digitale moderna

 

 


 

Ettore Guarnaccia, ettoreguarnaccia.com, 12 Novembre 2021

 

L’evoluzione digitale, iniziata con le migliori intenzioni, ha portato all’avvento e allo sviluppo di social media e dispositivi digitali. Questo ha modificato profondamente la società, i nostri comportamenti e le nostre attitudini, causando di fatto un’involuzione dell’essere umano facilmente osservabile e molto preoccupante. Mentre non è difficile immaginare quale sarà il risultato futuro di questa involuzione, se non si agisce tempestivamente sarà invece sempre più difficile cambiare rotta e dirigersi verso una reale evoluzione dell’essere umano.

 

"Okay Houston, we’ve had a problem here!"

 

 La frase pronunciata il 13 aprile 1970 da John Leonard “Jack” Swigert Jr., pilota del modulo di comando della missione Apollo 13, subito dopo l’esplosione e il danneggiamento di due serbatoi di ossigeno, col senno di poi, sarebbe stata perfetta se pronunciata anche nel 2002, quando fu lanciato il primo social network Friendster, oppure nel 2003, quando MySpace divenne famoso e utilizzato a livello mondiale, il 4 febbraio 2004, quando fu lanciato Facebook, o ancora il 9 gennaio 2007, quando fu presentato al mondo l’Apple iPhone, il primo esemplare di smartphone che introdusse contestualmente anche il concetto di “app”.

Avvenimenti che, nell’arco di soli 5 anni, hanno condotto la società nell’era digitale cambiandola profondamente, portando moltissimi vantaggi in termini di comunicazione, ubiquità della connessione a Internet e al Web, relazione a distanza, scambio di informazioni, innumerevoli servizi, applicazioni e giochi sempre a portata di mano. In pochissimo tempo, lo smartphone è diventato un’estensione del nostro corpo, onnipresente nella nostra quotidianità, contornato da altri oggetti digitali connessi, auricolari, smartwatch, sistema di entertainment dell’automobile e molto altro. Oggi diamo tutto questo per scontato, eppure solo 15 anni fa non avremmo mai lontanamente immaginato un’evoluzione tecnologica così rapida e pervasiva.

 

Tutto è avvenuto in maniera inizialmente graduale, ma con una progressione in costante accelerazione che ancora oggi sta procedendo a ritmi sempre più rapidi e inarrestabili. Basti pensare all’introduzione del 5G, delle reti satellitari, di smartphone sempre più funzionali e potenti, e dei tantissimi oggetti di uso comune (televisori, stereo, telecamere, frigoriferi, lavastoviglie, friggitrici, ecc.) connessi a Internet e allo smartphone. Tutto è connesso, tutto è digitale, tutto è “smart”.

Ma quello che inizialmente sembrava così utile, strabiliante e stupefacente, in realtà ha comportato un elevato prezzo da pagare, e non mi riferisco ai soldi.

Moltissime funzionalità introdotte da social e smartphone sono state create con intenti positivi, per aumentare la soddisfazione, e di conseguenza l’interazione degli utenti, pur sempre con l’obiettivo unico e imprescindibile di fare business. Ci viene costantemente raccontato dalla pubblicità che le evoluzioni tecnologiche servono per migliorare la nostra vita e metterci a disposizione nuovi strumenti mirabolanti ed efficienti: in parte è accidentalmente vero, ma la realtà è sempre e solo una: dietro tutto questo, il fine unico e imprescindibile è il profitto, cui si arriva anche attraverso la raccolta dei dati e il controllo dei comportamenti degli utenti. Lo hanno pubblicamente denunciato diversi esponenti e sviluppatori delle big tech di Silicon Valley.

Così, con le migliori intenzioni, sono nati il “like” di Facebook, la riproduzione automatica di YouTube, le notifiche di Apple, il “pull-to-refresh” di Twitter, i cuoricini di Instagram, le “loot box” dei videogiochi e tante altre funzionalità che hanno contribuito ad aumentare sensibilmente l’interazione e, quindi, lo screen-time degli utenti. Funzionalità che sono state largamente adottate dai produttori, spesso in combinazione tra loro, come è accaduto con gamblification e gamification, che hanno portato rispettivamente l’azzardo all’interno di videogiochi, social e app, e la parvenza di videogiochi all’interno del mondo dell’azzardo e delle app. Giochi di abilità per acquisire punteggi e oggetti di vario genere, sorteggi o estrazioni di premi, quiz e sondaggi, sono oggi presenti in moltissime app bancarie, assicurative, di e-commerce o della grande distribuzione. Queste funzionalità si sono dimostrate maledettamente efficaci nel fidelizzare i clienti e favorire il business.

 

Da qualche anno a questa parte – cioè da quando i produttori di piattaforme social e app hanno compreso le potenzialità degli effetti di determinate funzionalità digitali sui meccanismi neurologici degli utenti – dispositivi, app e social media sono stati appositamente disegnati e sviluppati per catturare l’attenzione degli utenti, fidelizzarli e mantenerli il più possibile incollati al display. Già oggi per molte persone, soprattutto per bambini e adolescenti, lo smartphone è l’ultima cosa con cui si interagisce prima di dormire e la prima al risveglio. Le sollecitazioni sono numerose e frequenti, non passa un minuto senza che riceviamo una notifica, un messaggio, un “din!” che dirotta la nostra attenzione e il nostro sguardo sul dispositivo digitale. Queste tecnologie hanno preso in ostaggio la mente e la volontà degli utenti, dominandone il pensiero, interrompendone ripetutamente azioni e intenzioni, generando una lenta e inavvertibile assuefazione, attraverso stimolazioni ripetute a brevissima distanza l’una dall’altra o con iperstimolazioni derivanti da più stimoli concomitanti (es. smartphone, tablet, console di gioco e televisione utilizzati nello stesso momento).

In questo processo, etica, principi, ragionevoli cautele e buon senso sono stati sacrificati sull’altare del business, del profitto e della rapidità di evoluzione tecnologica, e molti processi neurologici che inducono assuefazione e dipendenza sono stati sfruttati il più possibile, senza scrupoli e senza informarne gli utenti. Anzi, questo sfruttamento è avvenuto, e avviene tuttora, senza che venga in alcun modo bilanciato da un’adeguata preparazione degli utenti, in forma di educazione digitale, conoscenza informatica, coscienza dei meccanismi neurologici e consapevolezza degli effetti che tutto ciò ha sulla mente, sulle scelte personali e sui comportamenti. Chi ha visto il film-documentario “The Social Dilemma” capirà un po’ meglio quanto affermo, ma c’è molto di più dietro le quinte.

 

Il meccanismo neurologico più sfruttato è quello della ricompensa variabile, spesso nell’ambito di un preciso processo di aggancio (“hook”) come descritto dall’esperto di psicologia del consumatore Nir Eyal nel suo libro “Hooked”. Il processo è: [trigger + azione + ricompensa variabile + investimento]. Il trigger è l’innesco che attiva il comportamento (es. la notifica di una nuova e-mail, un messaggio, un like, un nuovo follower, ecc.), l’azione è il comportamento che adotta l’utente nella speranza di una ricompensa (es. aprire l’e-mail, visualizzare il messaggio, scorrere la timeline di un social media, ecc.) che deve però essere variabile, nel senso che se l’utente non sa cosa aspettarsi (es. la notifica può riguardare un messaggio positivo molto atteso, una delusione o qualcosa che gli è indifferente) l’effetto assuefacente risulta estremamente più potente. Infine, l’investimento, sotto forma di tempo impiegato nel perpetrare il comportamento, di soldi spesi per proseguire, di impegno profuso nella raccolta (di like, commenti, follower, ecc.), nella costruzione di contenuti (es. Instagram, TikTok e YouTube) o nel partecipare a community tematiche, tutte cose che aumentano la fidelizzazione e spingono alla reiterazione del comportamento.

È l’attesa di una ricompensa variabile a generare veri e propri boom di dopamina in specifiche aree del cervello, le stesse interessate dalle varie forme di dipendenza comportamentale o da sostanze, che vengono così rafforzate dall’azione di questo neurotrasmettitore che attiva le sinapsi che collegano i neuroni. La chiave è proprio l’attesa, per questo slot machine, lotterie, roulette, sorteggi, estrazioni, l’apertura di bauli, lo scrolling di Instagram o TikTok, la visualizzazione in sequenza di video su YouTube o di episodi di serie TV su Netflix e Prime Video, o anche il semplice refresh della videata di un’app, risultano così attraenti e diabolicamente assuefacenti. Inoltre, il rafforzamento delle aree cerebrali legate alla dipendenza, soprattutto se sollecitate da ricompense di tipo artificiale, predispone ad abbracciare ulteriori forme di dipendenza in futuro.