"In Europa ci sono già i presupposti per l'esplosione di un conflitto sociale. Questo è il seme del malcontento, dell'egoismo e della disperazione che la classe politica e la classe dirigente hanno sparso. Questo è terreno fertile per la xenofobia, la violenza, il terrorismo interno, il successo del populismo e dell'estremismo politico."

martedì 23 giugno 2020

Da Montanelli ai giorni nostri: ancora sui circuiti pedofili internazionali.

L’OSCURO LEGAME: LA SINISTRA E LA PEDOFILIA

Il Detonatore, 22/6/2020



Secondo la sinistra, la statua di Montanelli dovrebbe essere rimossa poiché negli anni Trenta, in Africa, sposò una ragazzina di dodici – forse quattordici –  anni. La vicenda del monumento al noto giornalista, s’inserisce in una più ampia campagna di demonizzazione del maschio bianco eterosessuale, definito, di volta in volta, violento, stupratore potenziale e ora anche un po’ pedofilo o, almeno, compiacente con la perversione. Ma la sinistra, può accampare una moralità superiore in materia sessuale?

Neanche per sogno. Fin dalle sue origini illuministe, ha avuto coi bambini e la sessualità un rapporto ambiguo. Il filosofo ginevrino Jean-Jacques Rousseau, che scriveva intorno all’educazione dei fanciulli, non solo ne abbandonò tre in uno squallido orfanotrofio, ma scrisse compiaciuto di avere comprato a Venezia una bambina di dieci anni, che seppe «liberarlo» dalla depressione.

Solo durante il Sessantotto, nel contesto della cosiddetta «liberazione sessuale», le posizioni in favore della pedofilia vennero alla luce in tutto il loro orrore mascherato da «progresso». Il marxista e teorico della rivoluzione dei costumi, Gerd Koenen, sostenne giochi e attività sessuali negli asili; in compagnia del più celebre Daniel Cohn-Bendit, parlamentare europeo e autore di un testo pro-pedofilia intitolato Gran Bazar.

Negli anni Settanta, dopo che tre uomini erano stati arrestati per avere avuto rapporti sessuali con ragazzi non ancora quindicenni, il quotidiano “Libèration” pubblicò il Manifesto in difesa della pedofilia, firmato da tutta l’intellighenzia della sinistra europea (Louis Aragon, Roland Barthes, Simone de Beauvoir, Michel Foucault, André Glucksman, Felix Guattari, Jack Lang, Bernard Kouchner -fondatore di Medici Senza Frontiere- Jean-Paul Sartre, Philippe Sollers, Louis Althusser, Gilles Deleuze).

In tutto il continente nacquero riviste marxiste, come “Rosa Flieder” o “Pflasterstrand”, che arrivarono a giustificare la pedofilia, chiedendo la depenalizzazione se non addirittura la legalizzazione del sesso con i bambini, il tutto in nome della «liberazione dalle pastoie borghesi» e per il «bene del bambino».

Anche il noto scrittore ed editore di sinistra Hans Magnus Enzensberger, autore dei Colloqui con Marx ed Engels,  scrisse articoli a favore delle attività sessuali coi bambini. Uno di questi si intitolava Educare i bambini nella comune e faceva riferimento alla comune socialista di Giesebrecht Strasse di Berlino.

Tra i propagandatori di queste teorie aberranti e «progressiste» ci furono anche istituti educativi ispirati alle teorie antiautoritarie della nuova sinistra, come il Rote Freiheit. Questo si dava come scopo la «produzione» di personalità socialiste. Tra gli altri vi furono il centro Libertà Rossa sostenuto dal Psychology Institute alla Free University di Berlino e la Humanistische Union.

Viene poi Michel Foucault, il santo laico delle accademie, che in un’intervista, apparsa su “Change”, nel 1977, parla del bambino come «seduttore dell’adulto». Dichiara: «Ci sono bambini che a dieci anni si gettano su un adulto – e allora? Ci sono bambini che acconsentono, rapiti».

Alfred Kinsey, il «padre della rivoluzione sessuale», era un uomo con tendenze pedofile, mentalmente disturbato – si circoncise da solo con una lametta. Usò i suoi celebri Rapporti sulla sessualità umana per giustificare «scientificamente» la pedofilia.

In Italia, le cose non sono andate meglio. Dacia Maraini dichiarò la naturalità dell’incesto. Mario Mieli, il coprofago iniziatore del movimento omosessuale in Italia, considerava «opera redentiva» il sesso tra un adulto e un impubere. Dieci anni fa, la senatrice Pd Donatella Poretti, esponente dell’Associazione Luca Coscioni e vicina al mondo omosessuale, chiese l’abrogazione degli articoli 564 e 565 del Codice penale sui reati contro la morale della famiglia. L’articolo 564 del Codice penale è quello che prevede la reclusione da uno a cinque anni per chiunque commetta incesto con un discendente o un ascendente, o con un fratello o con una sorella. Il radicale Marco Cappato, deputato europeo, ha difeso al TG2 il diritto dei pedofili olandesi ad avere il loro partito, esprimendo il desiderio che la pedofilia venisse regolata da leggi: «così non ci sarebbe violenza ma soltanto amore».

Il 27 ottobre 1998, i Radicali Italiani organizzarono un convegno dal titolo Pedofilia e Internet, vecchie ossessioni e nuove critiche, promosso da Marco Pannella. Tra le ragioni del convegno si legge: «siamo certi che gli adolescenti a cui molti paesi del mondo attribuiamo la capacità di rispondere in giudizio delle proprie azioni non abbiano invece pari consapevolezza e responsabilità nell’ambito sessuale? In ogni caso in uno Stato di diritto, essere pedofili, proclamarsi tali, o anche sostenerne la legittimità non può essere considerato reato».

La sinistra, per decenni, ha sostenuto la pedofilia in nome dell’«Amore» e del «Bene», presentando una pratica mostruosa come «liberazione».

                               Davide Cavaliere


Link originale: http://www.ildetonatore.it/2020/06/22/loscuro-legame-la-sinistra-e-la-pedofilia/?fbclid=IwAR0PQAM7X-PsS986HI4x98Ib6Pfu_7cMqoWNRSePWZOyF1wt-Hsd3LIiAAQ

domenica 14 giugno 2020

The coronation: l'eterno stato di emergenza.

L’incoronazione

Charles Eisenstein, April 2020





Per anni, abbiamo stirato la normalità  quasi fino ad arrivare allo strappo, , una corda sempre più tesa, che aspetta  la beccata del cigno nero[1] per spezzarla in due. Ora che la fune si è spezzata, rileghiamo di nuovo le estremità, o sciogliamo le sue frange penzolanti per vedere che cosa potremmo tessere con esse?

Il Covid-19 ci  mostra che quando l'umanità è unita in una causa comune,  un cambiamento straordinariamente rapido diventa possibile. Nessuno dei problemi del mondo è tecnicamente difficile da risolvere; essi hanno origine in un disaccordo umano. Quando c’è coerenza, i poteri creativi dell'umanità sono illimitati. Qualche mese fa, la proposta di bloccare i viaggi aerei commerciali sarebbe sembrata assurdo. Lo stesso vale per i cambiamenti radicali che stiamo facendo nel nostro comportamento sociale, nell'economia e nel ruolo che il governo ha nella nostra vita. Il Covid dimostra il potere della nostra volontà collettiva quando siamo d'accordo su ciò che è importante. Cos'altro potremmo ottenere agendo in coerenza? Cosa vogliamo raggiungere e quale mondo creeremo? Questa è sempre la domanda che segue quando qualcuno si risveglia al proprio potere.

Il Covid-19 è come un intervento di riabilitazione che rompe la dipendenza dalla normalità. Interrompere  una dipendenza significa renderla visibile; significa trasformarla da una compulsione ad una scelta. Quando la crisi si placherà, forse avremo l’occasione di chiederci se vogliamo tornare alla normalità, o se forse abbiamo colto  qualcosa durante questa pausa  dalla routine, che vogliamo portare nel futuro. Potremmo chiederci, dopo tanti posti di lavoro persi , se tutti quei mestieri sono veramente necessari, e se il nostro lavoro e la nostra creatività potrebbero essere meglio applicati altrove. Potremmo chiederci, dopo averne fatto a meno per un po', se abbiamo davvero bisogno di  tanti viaggi aerei, di vacanze a Disneyworld o di mostre-mercato. Quali parti dell'economia vorremmo ripristinare e quali lasciar perdere? Ed ancor più seriamente,quali delle cose che ci vengono  sottratte in questo momento (libertà civili, libertà di aggregazione, sovranità sui nostri corpi, raduni di persona, abbracci, strette di mano e vita pubblica) dovremo riconquistare esercitando la nostra volontà, personale e politica ?

Per gran parte della mia vita ho avuto la sensazione che l'umanità si stesse avvicinando a un bivio. La crisi, il crollo, la rottura erano sempre imminenti, proprio dietro l'angolo, ma non arrivavano mai. Come quando si percorre una strada, e più avanti lo si vede, si vede il bivio. È appena sopra la collina, dietro la curva, oltre i boschi. Arrivati in cima della collina si realizza d’essersi sbagliati, era un miraggio, era più lontano di quanto si pensasse. Si continua a camminare. A volte lo si vede, a volte scompare dalla vista e sembra che la strada continui per sempre. Forse non c'è un bivio. No, eccolo di nuovo! Sembra sempre quasi qui. Non è mai qui.

Ora, all'improvviso, facciamo una curva ed eccolo di fronte a noi. Ci fermiamo, stentiamo a credere che stia succedendo ora, dopo anni in cui siamo stati obbligati a stare sulla strada dei nostri predecessori, stentiamo a credere di avere finalmente una scelta. Abbiamo ragione a fermarci, sbalorditi dalla novità della nostra situazione. Ci sono centinaia di percorsi che si irradiano davanti a noi. Alcuni conducono nella stessa direzione in cui siamo già stati diretti. Alcuni portano all'inferno sulla terra. E alcuni portano ad un mondo più sano e più bello di quanto abbiamo mai osato credere fosse possibile.

Scrivo queste parole con l'obiettivo di stare qui insieme a voi - frastornato, forse spaventato, ma anche con un senso di nuova possibilità - in questo punto in cui i sentieri divergono. Osserviamo alcuni di essi e vediamo dove conducono.

* * *

La scorsa settimana ho sentito la seguente storia da un'amica. Si trovava in un alimentari e ha visto una donna singhiozzare nel corridoio. Trasgredendo le regole di distanziamento sociale, è andata dalla donna e l'ha abbracciata. “Grazie”, ha detto la donna, “è la prima volta che qualcuno mi abbraccia negli ultimi dieci giorni”.

Stare senza abbracci per alcune settimane sembra un piccolo prezzo da pagare se tale rinuncio  aiuta ad arginare un'epidemia che potrebbe costare milioni di vite. Vi è una motivazione importante per il distanziamento sociale nel breve termine: la prevenzione di  un'improvvisa ondata di casi di Covid che travolga il sistema medico. Vorrei porre tale motivazione in un contesto più ampio, soprattutto se guardiamo in una prospettiva a lungo termine. Per evitare di istituzionalizzare la distanza e di ricostruire la società attorno ad essa, cerchiamo di essere consapevoli di quale scelta stiamo facendo e perché.

Lo stesso vale per gli altri cambiamenti che accadono intorno all'epidemia di coronavirus. Alcuni commentatori hanno osservato come si inseriscano perfettamente in un programma di controllo totalitario. Un pubblico spaventato accetta riduzioni delle libertà civili che altrimenti sarebbero difficili da giustificare, come il monitoraggio costante dei movimenti di ognuno, le cure mediche forzate, la quarantena involontaria, le restrizioni ai viaggi e alla libertà di aggregazione, la censura di ciò che le autorità considerano disinformazione, la sospensione dell'habeas corpus e l'utilizzo di sorveglianza militare per i civili. Molti di questi provvedimenti erano in corso prima del Covid-19; fin dal suo avvento, sono stati irrefrenabili. Lo stesso vale per l'automazione del commercio, il passaggio dalla partecipazione a sport e intrattenimento alla visione su schermo, la migrazione della vita dagli spazi pubblici a quelli privati, il passaggio dalle scuole locali all'istruzione online, il declino dei negozi fisici, ed il trasferimento del lavoro umano e del tempo libero sugli schermi. Il Covid-19 sta accelerando tendenze politiche, economiche e sociali preesistenti.

A breve termine, tutto quanto menzionato sopra è giustificato dal fatto di appiattire la curva (la curva di crescita epidemiologica); tuttavia stiamo anche sentendo parlare molto di una “nuova normalità”; vale a dire, le modifiche potrebbero non essere affatto temporanee. Poiché la minaccia di una malattia infettiva, come la minaccia del terrorismo, non scompare mai, le misure di controllo possono facilmente diventare permanenti. Se stessimo andando comunque in questa direzione, significherebbe che l'attuale giustificazione deve far parte di un impulso più profondo. Analizzerò questo impulso in due parti: il riflesso del controllo e la guerra alla morte. Una volta compresi questi aspetti dell’impulso, emerge un'opportunità iniziatica, che stiamo già vedendo sotto forma della solidarietà, della compassione e della cura che il Covid-19 ha ispirato.

Il riflesso del controllo

Al momento in cui scrivo, le statistiche ufficiali dicono che circa 25 mila persone sono morte per il Covid-19. Quando avrà fatto il suo corso il bilancio delle vittime potrebbe essere dieci o cento volte più grande, o persino mille volte, se le ipotesi più allarmistiche si avverassero. Ognuna di queste persone ha dei cari, ha famiglia e degli amici. La compassione e la coscienza ci chiamano a fare il possibile per evitare inutili tragedie. Questo mi tocca da vicino: la mia carissima ma fragile madre è tra i più vulnerabili a una malattia che uccide soprattutto gli anziani e gli infermi.

Quali saranno i numeri finali? È impossibile rispondere a questa domanda nel momento in cui scrivo. I primi rapporti erano allarmanti; per settimane il numero ufficiale di Wuhan, diffuso ininterrottamente dai media, è stato uno scioccante 3,4%. Ciò, unito alla sua natura altamente contagiosa, indicava decine di milioni di morti in tutto il mondo, o addirittura fino a 100 milioni. Più recentemente le stime sono precipitate, in quanto è diventato evidente che la maggior parte dei casi sono lievi o asintomatici. Siccome i test sono stati deviati verso i malati gravi, il tasso di mortalità è apparso artificialmente alto. In Corea del Sud, dove sono state testate centinaia di migliaia di persone con sintomi lievi, il tasso di mortalità riportato è di circa l’1%. In Germania, i cui test si estendono anche a persone con sintomi medi, la fatalità è circa 0,4%. Un articolo recente nella rivista “Science” sostiene che l’86% degli casi delle infezioni non è stato documentato, il che indica un tasso di mortalità molto inferiore rispetto a quello attuale nel mondo.

La storia della nave da crociera Diamond Princess rafforza questo punto di vista. Delle 3711 persone a bordo, circa il 20% è risultato positivo al virus; meno della metà aveva sintomi, e otto sono morti. Una nave da crociera è un ambiente perfetto per il contagio, e c’era tempo sufficiente perché il virus si diffondesse a bordo prima che qualcuno potesse fare qualcosa, eppure soltanto un quinto era infetto. Inoltre, la popolazione era altamente tendente verso l’età anziana (come la maggior parte delle navi da crociera): quasi un terzo dei passeggeri aveva più di 70 anni, e più della metà aveva più di 60. Un gruppo di ricerca, considerando il gran numero di casi asintomatici, ha concluso che il vero tasso di mortalità in Cina si aggira attorno allo 0,5%, che è ancora cinque volte superiore all’influenza. Basandomi su quanto sopra (e calcolando una demografia molto più giovane in Africa e in Asia del Sud e Sud-est) la mia stima è attorno a 200-300mila morti negli Stati Uniti (di più se il sistema sanitario è sopraffatto, di meno se le infezioni sono dilatate nel tempo) e 3 milioni globalmente. Sono cifre serie. Il mondo non viveva qualcosa di simile dalla pandemia dell'influenza di Hong Kong nel 1968/9.

Le mie ipotesi potrebbero facilmente differire dal reale di un ordine di grandezza. Ogni giorno i media riportano il numero totale dei casi di Covid-19, ma nessuno ha idea di quale sia il numero reale, perché soltanto una minima parte della popolazione è stata testata. Se decine di milioni avessero il virus, in modo asintomatico, non lo sapremmo. A complicare ulteriormente la questione è il numero elevato di falsi positivi per i test fatti, forse fino all’80%. (Vedi qui per incertezze ancora più allarmanti sull’accuratezza dei test). Ripeto: nessuno sa cosa sta succedendo veramente, io compreso. Rendiamoci consapevoli di due tendenze contraddittorie nelle vicende umane. La prima è la tendenza dell’isteria a nutrirsi di se stessa, a escludere dati che non fanno il gioco della paura, e a creare un mondo a sua immagine. La seconda è la negazione, il rifiuto irrazionale delle informazioni che potrebbe interrompere la normalità e il comfort. La nota domanda di Daniel Schmactenberger è: “Come fai a sapere che quello che credi è vero?”.