"In Europa ci sono già i presupposti per l'esplosione di un conflitto sociale. Questo è il seme del malcontento, dell'egoismo e della disperazione che la classe politica e la classe dirigente hanno sparso. Questo è terreno fertile per la xenofobia, la violenza, il terrorismo interno, il successo del populismo e dell'estremismo politico."

lunedì 14 gennaio 2019

I trojan del Governo svizzero per spiare i cittadini saranno più cari del previsto

Già nel 2016 era stato introdotto anche in Svizzera l'utilizzo di malware da parte delle autorità giudiziarie e di polizia, ai fini di intercettare - decrittandole - le comunicazioni scritte, audio e video attraverso internet dei cittadini elvetici, nell'ambito di un processo penale per reati gravi.
I cosiddetti "trojan", ossia cavalli di Troia informatici introdotti nei computer e nei telefoni cellulari dagli ignari utenti, erano stati autorizzati dal combinato disposto della Legge federale sulle attività informative (Lain, 2015) e della più recente Legge federale sulla sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni (Lscpt, 2016).



Si scopre ora, grazie ad un'analisi condotta dal Controllo federale delle Finanze, che sono da prevedere spese maggiori o performance ridotte; secondo il CDF i costi operativi del monitoraggio delle telecomunicazioni possono essere stimati solo approssimativamente, e già nella scorsa primavera era risultato evidente che l'acquisto del programma per la sorveglianza delle telecomunicazioni "GovWare" costerà più del previsto (111,7 milioni di Franchi entro il 2021) e che non vi sarebbero stati fondi sufficienti per la sua attuazione nella misura preventivata.
Il Dipartimento federale di giustizia e Polizia (DFGP) stima un incremento dei costi di gestione del servizio da una base di partenza di 10 milioni ad una spesa effettiva di circa 30 milioni di franchi, senza che però sia stata risolta la questione del finanziamento di questi fondi supplementari.

Legalizzato è l'utilizzo da parte dello Stato di trojan "GovWare" - virus informatici che sorvegliano le attività di un computer trasmettendone i dati ad una centrale di sorveglianza governativa- rendendo possibile intercettare le comunicazioni che utilizzano un protocollo VOIP (ad esempio Skype) e i cosiddetti "Imsi Catchers", ossia dispositivi per l'intercettazione delle comunicazioni telefoniche mobili, già utilizzati peraltro da alcune polizie cantonali.
La limitazione dell'uso di queste tecnologie ai soli "procedimenti penali per reati gravi" lascia aperti però molti interrogativi, come ad esempio cosa accade se un sospettato risulta poi completamente innocente, e che fine fa il malware una volta raggiunto il suo scopo: viene successivamente rimosso di nascosto, come era stato introdotto?  Oppure rimane attivo su tutti gli apparecchi "infettati", vita natural durante?

Interessante a questo proposito le conclusioni di Serena Tinari sul quindicinale Area della Svizzera italiana:
"La nuova Lscpt amplia il ventaglio dei soggetti obbligati a fornire su richiesta delle autorità i dati relativi alle comunicazioni elettroniche che transitino per le proprie infrastrutture. Non solo chi mette a disposizione spazio per siti internet e gestisca caselle di posta elettronica, soggetti che la nuova legge sanziona con multe salate in caso di non ottemperanza, ma anche aziende che abbiano una rete interna di comunicazione (le cosiddette “intranet”) nonché alberghi, ospedali e persino chi si ritrovi a possedere o gestire un collegamento senza fili alla rete cui altre persone possano collegarsi: da quella di un’associazione culturale, fino alla nostra w-lan domestica. Grazie alle nuove leggi, d’altronde, lo Stato ha il diritto di intercettare anche le chat e le conversazioni via Skype.

Amnesty International definisce i provvedimenti «gravi violazioni dei diritti fondamentali e del diritto alla privacy» e il Commissario per i diritti umani presso il Consiglio d’Europa ha inviato una lettera farcita di cortese inquietudine ai presidenti del Consiglio nazionale e degli Stati. In particolare preoccupa la possibilità di intercettare i flussi di dati che passino per l’estero allo scopo di effettuare analisi di intelligence in base a parole chiave. Dato che quasi tutte le comunicazioni svizzere, telefoniche e digitali, transitano per altri paesi, l’intera popolazione sarà gioco forza sottoposta ad una silenziosa e preventiva sorveglianza di massa. Basterà, insomma, fare una banale ricerca con Google e utilizzare un vocabolo sospetto, per finire sotto la lente di ingrandimento dei James Bond di casa nostra. Dulcis in fondo, le nuove regole mettono a repentaglio il segreto professionale di categorie che lavorano in ambiti sensibili come avvocati, personale medico e del mondo dell’informazione, dato che non è previsto alcun meccanismo per proteggerne le comunicazioni.

La revisione totale della Lscpt si inserisce a meraviglia nel quadro da Grande Fratello che la nuova legge sui servizi segreti aveva anticipato e si fa fatica a rintracciare il principio di proporzionalità nelle misure che le due leggi portano nel nostro ordinamento. Nonostante le rassicurazioni del Consiglio federale e i distinguo delle Commissioni parlamentari, il ricorso a metodi tanto invasivi non è limitato a reati gravi. La giustificazione dei provvedimenti è il terrorismo nell’era digitale, nonostante la Svizzera sia stata oggetto di minacce solo aneddotiche.

Uno stato dell’arte rassicurante che è confermato dall’annuale “Swiss Lawful Interception Report”, il rapporto sulla sorveglianza pubblicato dall’organizzazione Società Digitale, dove si legge che in Svizzera lo Stato ricorre alle intercettazioni soprattutto nell’ambito di inchieste per violazioni alla legge sugli stupefacenti (34,6%) e per reati legati al patrimonio (21,1%). La sorveglianza serve ad indagini per terrorismo nel 2,2 per cento, per organizzazioni criminali nell’1,6 per cento e per pornografia e pedofilia nello 0,7 per cento dei casi.

Il Rapporto 2016 di Società Digitale, appena pubblicato in tedesco nel sito www.digitale-gesellschaft.ch, mette inoltre in rilievo le differenze fra le regioni del paese, consultabili anche in italiano sotto forma di mappa interattiva. Ginevra è campione degli spioni: sorveglia quattro volte più degli altri cantoni. Il Ticino ricorre ad intercettazioni nel 45,9 per cento dei casi per indagini legate alla droga, secondo solo a Friburgo e Vaud. Da Airolo a Chiasso l’attività di sorveglianza riguarda quasi esclusivamente la telefonia mobile e il costo delle operazioni nel 2015 ha superato 1.430.000 franchi, cifra che colloca la Svizzera italiana al quinto posto della top ten nazionale di quanti denari i cantoni spendano per misure di sorveglianza." (www.areaonline.ch, 17.03.2016)

Sempre per rimanere in tema di sorveglianza nella Confederazione elvetica, sempre nell'aprile del 2016 un'inchiesta pubblicata congiuntamente dai giornali tedesco "Sonntagszeitung" e francese "Le matin dimanche" aveva rivelato che ben 21.000 telecamere erano in funzione negli spazi pubblici in tutta la Svizzera, riprendendo qualsiasi cittadino durante la vita quotidiana ed a sua insaputa.
Notoriamente, le telecamere non hanno alcuna funzione di prevenzione del terrorismo, ma possono al massimo servire per ricostruire fatti purtroppo già avvenuti; sempre che, naturalmente, i terroristi siano così sprovveduti da non coprirsi il volto.
Nel caso di terroristi suicidi, del resto, il problema proprio non si pone.

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