Zarif:
non Trump, ma la ‘banda delle 4 B’ vuole la guerra con l’Iran
AsiaNews.it 26/04/2019,
12.12
In un intervento all’Asia Society il capo della diplomazia
iraniana attacca quanti premono per un conflitto. Fra i fautori della guerra vi
sarebbero Bolton, “Bibi” Netanyahu e i principi ereditari di Riyadh (bin
Salman) e Abu Dhabi (bin Zayed). Il pericolo di un “incidente” per innescare
una crisi più profonda. La linea dura favorisce solo l’ala radicale ed
estremista iraniana.
New York (AsiaNews) - Il presidente americano Donald Trump non
vuole davvero una guerra con l’Iran, ma potrebbe essere spinto nella direzione
di un conflitto sotto l’influenza negativa della “banda delle quattro B”: il
consigliere per la sicurezza nazionale Usa John Bolton, il premier israeliano
“Bibi” Benjamin Netanyahu e i principi ereditari di Arabia Saudita (bin Salman)
ed Emirati Arabi Uniti (bin Zayed Al Nahyan). È quanto ha affermato il ministro
iraniano degli Esteri Mohammad Javad Zarif, nel contesto di un lungo faccia a faccia con
la presidente di Asia Society Josette Sheeran che si è tenuto il 24 aprile
scorso nella sede dell’ong a New York.
Rispondendo all’invito di Asia Society, organizzazione
pan-asiatica che opera per rafforzare i rapporti e favorire la comprensione fra
dirigenti e istituzioni del continente e Stati Uniti, il capo della diplomazia
di Teheran ha attaccato i falchi dell’amministrazione Usa. Secondo Zarif vi
sarebbero persone che starebbero organizzando un “incidente” per innescare una
crisi più profonda, ma Teheran agirà “con ancora maggiore cautela” in risposta
alle mosse pericolose degli Stati Uniti.
“Quanti hanno tratteggiato in contorni della politica [americana
verso l’Iran] - ha dichiarato il ministro degli Esteri - non vogliono davvero
negoziare una soluzione”. Egli ha quindi aggiunto che “l’Iran non cerca lo
scontro, ma farà di tutto per difendersi”. Al momento non vi è una situazione
di vera e propria “crisi”, ma il quadro resta “pericoloso” e la politica
statunitense che mira a impedire la vendita di petrolio degli ayatollah
comporterà “delle conseguenze”.
Secondo Zarif, la Repubblica islamica continuerà a trovare dei
compratori per il proprio petrolio. “Esistono dei mezzi per aggirare le
sanzioni” ha aggiunto e l’Iran “vanta un dottorato in questo senso”.
Continueremo a utilizzare lo Stretto di Hormuz come punto di passaggio” ha
avvertito e se gli Stati Uniti tenteranno di impedirlo, dovranno “essere pronti
a subirne le conseguenze”.
Nel maggio 2018 il presidente Usa Donald Trump ha ordinato il ritiro dall’accordo
nucleare (Jcpoa)
voluto dal predecessore Barack Obama, introducendo le più dure sanzioni della
storia contro Teheran. Una decisione che ha provocato
un significativo calo nell’economia
iraniana - confermato da studi Fmi
- e un crollo nel
petrolio, obiettivo della seconda parte delle
sanzioni in vigore dal 4 novembre scorso. Una linea dura, sebbene la Repubblica
islamica continui a mantenere fede agli impegni presi nel contesto dell’accordo
nucleare, come certificato dagli
esperti Aiea.
Ne contesto dell’intervento all’Asia Society, il capo della
diplomazia di Teheran ha più volte sottolineato la differenza fra Trump e la
sua amministrazione, in particolare il “falco” John Bolton fra i grandi fautori
(assieme a Netanyahu e ai sauditi) di un “cambio di regime”. Di contro, il
presidente si mostrerebbe più attento a evitare un’altra “costosa e stupida”
guerra in Medio oriente.
Gli Stati Uniti con l’attuale amministrazione non si comportano
più come “il poliziotto del pianeta”, ma come una banda di “gangster” che
spinge gli altri Paesi a violare la legge e le stesse risoluzioni del Consiglio
di sicurezza Onu, di cui Washington è membro permanente. E la politica delle
sanzioni impressa dalla Casa Bianca è, di fatto, una dichiarazione di guerra
[economica] all’Iran.
Analisti ed esperti sottolineano un duplice rischio che si cela
dietro questa politica aggressiva degli Stati Uniti: da un lato il rischio di
spremere i fornitori di petrolio e di far schizzare alle stelle il prezzo del
greggio, stravolgendo i mercati globali; dall’altro, con il proposito di
perseguire un “cambio di regime” egli potrebbe favorire l’ascesa al potere a
Teheran di un fronte ancor più aggressivo, dietro il quale vi sarebbe il
sostegno della frangia più dura e radicale dell’esercito.
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