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È tornata la cortina di ferro. E riguarda il
costo del lavoro
ilSOLE24Ore, ECONOMIA
Riccardo Saporiti, 8 aprile 2019
Corre lungo i confini orientali di Germania e
Austria, giù fino a quelli italiani. Anche se all’epoca l’allora Jugoslavia,
pur socialista, guidava i Paesi non allineati. È la cortina di ferro del costo
del lavoro. Che a occidente è più alto della media europea, mentre a oriente è
più basso. Con alcune eccezioni: Portogallo, Spagna e Grecia, l’Italia del Sud
e alcune regioni del Regno Unito hanno scelto il patto di Varsavia.
Fuor di
metafora, ecco la situazione rappresentata su una mappa:
Come è facile intuire, le regioni colorate di
arancione sono quelle nelle quali il costo del lavoro è più basso di quello
europeo. Mentre quelle in azzurro rappresentano le aree nelle quali il valore
di riferimento è superiore a quello continentale.
Ora, come si è arrivati a determinare questi
dati? I numeri, che è bene specificare fanno riferimento al 2016, arrivano
da Eurostat, che li definisce come “hourly compensation of employees”. E
già qui c’è una seconda precisazione da fare: qui si parla solo di lavoratori
dipendenti. Pure se non si specifica se si tratti di contratti a tempo
determinato o meno.
L’istituto europeo di statistica definisce
questo indicatore come la media dei soldi che vengono versati ai
dipendenti per ogni ora lavorata, sia come salario che come contributi.
Infodata
ha quindi incrociato i dati relativi al totale delle somme versate nel corso
dell’anno con il totale delle ore lavorate per calcolare il costo orario del
lavoro nelle singole regioni europee.
Intanto la media europea: ogni dipendente
riceve, per ogni ora trascorsa sul posto di lavoro, uno stipendio lordo di
22,68 euro. Su base regionale, però, la differenza è molto ampia. Si va dalla
capitale belga, Bruxelles, dove la somma è di 44 euro l’ora, ad alcune zone
della Bulgaria nelle quali non si arriva a 4 euro.
È chiaro, preveniamo un’obiezione, che queste
somme vanno poi rapportate al costo della vita nei diversi Paesi europei. E che
un confronto di questo tipo sarebbe ancora più significativo se effettuato in
power purchasing standards piuttosto che in moneta corrente. Ma già utilizzando
gli euro come metro di valutazione si comprendono le profonde differenze che
attraversano un continente che a fine maggio sarà chiamato, tutto unito (o
quasi, dipende da come evolverà la Brexit), ad eleggere un nuovo parlamento.
Non solo. È possibile infatti notare le
differenze che emergono anche all’interno dell’Europa occidentale. Intanto, i Paesi
Pigs (Portogallo, Italia, Grecia e Spagna) confermano di essere un passo
indietro rispetto al resto d’Europa. Lisbona e Atene sono completamente al
di sotto della media continentale. A Madrid si salvano solo i Paesi baschi, che
con 22,77 euro l’ora sono leggermente al di sopra della media.
Mentre l’Italia è, come spesso accade, divisa
in due. Si va dalla provincia di Bolzano, dove il costo del lavoro è pari in
media a 25,76 euro l’ora, alla Calabria, dove si arresta a 18,3. Più in
generale, il Nord è agganciato al resto dell’Europa occidentale, mentre il
centro Sud è scivolato verso il patto di Varsavia, per riprendere la metafora
iniziale. Fa eccezione il Lazio, dove la retribuzione oraria lorda è di 23,27
euro, una sessantina di centesimi in più rispetto alla media europea.
E poi c’è il Regno Unito. Qui le differenze si
fanno ancora più profonde di quelle viste in Italia. Si va da zone come l’Inner
London West, la parte occidentale della capitale britannica, dove la hourly
compensation è pari a 40,78 euro Una cifra che si avvicina al limite massimo
rappresentato dalla regione di Bruxelles. E poi si scende fino alla Scozia
meridionale, dove questa cifra si ferma a 15,75 euro l’ora. Più in generale, se
si guarda la mappa, si nota che, dal punto di vista delle retribuzioni orarie,
il Regno Unito è tutt’altro che unito. Un po’ come sulla Brexit. Ma questa è
un’altra storia.
Link originale: https://www.infodata.ilsole24ore.com/2019/04/08/tornata-la-cortina-ferro-riguarda-costo-del-lavoro/
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