"In Europa ci sono già i presupposti per l'esplosione di un conflitto sociale. Questo è il seme del malcontento, dell'egoismo e della disperazione che la classe politica e la classe dirigente hanno sparso. Questo è terreno fertile per la xenofobia, la violenza, il terrorismo interno, il successo del populismo e dell'estremismo politico."

domenica 29 marzo 2020

Facebook e la CIA, parte I (continua)

Nel romanzo "Uropia il protocollo Maynards" si fa cenno a rapporti tra il social network "MeWorld" e i servizi segreti.  Ecco una lettura interessante per unire i puntini tra fantasia e realtà:

WikiLeaks, la nuova ondata
La schedatura degli utenti di Facebook attuata da un'agenzia privata di intelligence. I soldi a Zuckerberg da un'altra azienda specializzata nel raccogliere informazioni sulle persone. I rapporti tra spionaggio privato e Cia. Il ruolo di informatore di un ambasciatore italiano. Da oggi, su l'Espresso, i 'file Stratfor' di WikiLeaks

DI STEFANIA MAURIZI, L’ESPRESSO 27/02/2012

E' definita 'the shadow Cia'. L'ombra della Cia. E come la più famosa agenzia di spionaggio del mondo è americana. Ma non è un ente governativo. Si chiama 'Stratfor'. E' un'azienda privata, che vende e compra informazioni destinate a clienti ricchi e potenti. Governi, grandi aziende e multinazionali di tutto il pianeta.

Ora, per la prima volta, è possibile aprire uno squarcio nel mondo segreto di Stratfor. 'L'Espresso' e 'la Repubblica' hanno avuto accesso con un pool di media internazionali ai 'Global Intelligence Files': 5,3 milioni di email interne, documenti ottenuti da WikiLeaks e che l'organizzazione di Assange inizia oggi a pubblicare sul sito (wikileaks.org/gifiles ).

Non è noto come WikiLeaks ne sia entrata in possesso. L'unica cosa certa è che, nel dicembre scorso, Stratfor è stata al centro di un attacco hacker da parte del collettivo 'Anonymous', finito per la prima volta nelle cronache dei giornali internazionali nel 2010 per aver organizzato una rappresaglia informatica a livello mondiale contro le carte di credito Visa e Mastercard, che hanno tagliato le donazioni a WikiLeaks.

Negli ultimi due anni, Anonymous ha colpito ripetutamente i siti di multinazionali e aziende che operano per il complesso militare industriale e finanziario. L'ultimo raid è proprio quello contro Stratfor: Anonymous ne avrebbe hackerato i server, prelevando milioni di comunicazioni interne dalle reti aziendali, mettendo in ginocchio per giorni il sito web. Fin da dicembre scorso i media internazionali aspettavano la pubblicazione improvvisa in rete di questi file da parte di Anonymous, che di norma spiattella tutto in rete, anche i dati delle carte di credito delle aziende e dei loro clienti.

Ma in qualche modo questa valanga di documenti è arrivata all'organizzazione di Assange, che oggi inizia a rilasciare i file in varie ondate successive e con un team di media internazionali.

Tra i documenti ci sono file che lasciano capire come gli analisti di Stratfor abbiano accesso a informazioni esclusive, come quelle sul materiale sequestrato nel covo di Bin Laden subito dopo l'eliminazione dello sceicco del terrore, notizie sulle condizioni di salute di capi di stato, su WikiLeaks e Julian Assange. Al centro dei segreti di Stratfor c'è una rete di gole profonde disseminate per il pianeta, che consentono all'azienda di assumere informazioni ovunque. Dal Kazakhstan alla Moldavia, dalla Cina fino all'Italia di Berlusconi. Generali, politici, accademici, hacker, giornalisti, spie e diplomatici.

Quello che lascia senza parole è che, stando a quanto che emerge dalle comunicazioni email, Stratfor non sembra aver protetto le identità di molte delle sue fonti, criptandole con robusti sistemi cifrati, che rendono inaccessibili i dati delicati. Tra i file si possono trovare nomi, cognomi, giudizi sull'affidabilità delle gole profonde, sistemi per contattarle e a volte perfino le ragioni per cui forniscono le informazioni. WikiLeaks ha fatto sapere che, per decidere quali documenti rilasciare, si baserà sui giudizi dei giornali partner. 'L'Espresso' e 'la Repubblica' non rilasceranno i file riguardanti le fonti. Nel database figura il nome di almeno un ambasciatore italiano.

Facebook e il mistero della Cia.
Nelle email interne degli analisti di Stratfor non poteva non sbucare un fenomeno di massa come il social network Facebook. E' il Grande Fratello che sa tutto di noi. Amicizie, foto, contatti, dati sulla nostra localizzazione geografica. E opinioni, esternazioni, adesioni a campagne sociali e politiche. A rivelare tutto questo di noi, si sa, siamo noi stessi. E' un sistema così facile e pulito di acquisire le informazioni per una qualsiasi agenzia di intelligence che se non ci fosse, andrebbe inventato. Che ci abbia pensato proprio la Cia? Gli amanti della teoria della cospirazione ne sono ossessionati.
In ogni caso, in un'email tra due analisti fa capolino Facebook e uno di loro scrive: «Credo che Palantir sia coinvolta in cose anche meno chiare, inclusa quella di finanziare Facebook». Palantir è un'azienda pressoché sconosciuta in Italia, ma è finita nelle cronache internazionali un anno fa, quando Anonymous hackerò i server dell'impresa americana 'HBGary Federal', che vende security a banche, agenzie del governo Usa e forze di polizia di vari governi in giro per il mondo: anche alla nostra polizia di Stato. Tra i documenti frutto di quell'incursione informatica venne fuori un piano per distruggere WikiLeaks in cui sbucava il nome di Palantir, impresa di Palo Alto, California, che ha inventato un sistema per raccogliere in potenti database informazioni su individui 'sospetti', un po' come avviene nel film 'Nemico Pubblico'.

Oggi le tecnologie Palantir sono usate da banche che vogliono prevenire le frodi finanziarie e da eserciti: anche in Afghanistan per individuare le aree a rischio di attentati contro le truppe americane. E' un'azienda supertecnologica, la Palantir. Ed è cosa nota che, nella sua fase iniziale di sviluppo, è stata sostenuta dalla 'In-Q-Tel': l'impresa della Cia che finanzia start up capaci di inventare tecnologie futuristiche che l'intelligence americana ritiene promettenti per i fini dello spionaggio. Il nome In-Q-Tel ha un'origine curiosa: è un mix tra 'intel', abbreviazione della parola intelligence e 'Q': il personaggio frutto della fantasia di Ian Fleming che fornisce a James Bond tutti i gadget per le sue imprese da 007.

Sul proprio sito ( www.iqt.org ) la In-Q-Tel fa sapere «di essere focalizzato sulle nuove tecnologie commerciali emergenti che hanno la potenzialità di dare alla Cia, e più in generale alla comunità dell'intelligence Usa, un vantaggio sul mondo di domani» ed elenca anche le aziende su cui sta attualmente investendo. Palantir è presente, mentre Facebook non risulta nell'elenco, ma in compenso c'è 'Visionary Technologies', start up che ha inventato un sistema per monitorare i social network. E' vero, come scrive l'analista di Stratfor, che Palantir finanzia Facebook? E' solo un commento estemporaneo, come spesso se ne trovano nelle email interne di tutte le imprese del mondo, oppure è quello che nei corridoi di Stratfor si sa e si dice apertamente? L'unica cosa certa è che Stratfor sa tante cose, soprattutto nel settore dell'intelligence. E se Palantir finanzia davvero Facebook, perché lo fa?

Nel covo di Bin Laden.
Leggendo le comunicazioni interne, Stratfor ne esce come un'azienda che ha fonti di alto livello, dall'Fbi fino ai circoli di Washington, come testimonia uno scambio con l'ex consigliere di Bush, Karl Rove. Le informazioni più sensibili sono quelle che si trovano nella 'secure list'. Non tutti gli analisti di Stratfor vi hanno accesso: è la lista di messaggi in cui si discute delle informazioni più delicate e che, nella maggior parte dei casi, non vanno pubblicate sui bollettini acquistati in abbonamento dai clienti dell'azienda. Quando gli analisti viaggiano all'estero chiedono al loro dipartimento tecnico interno di escluderli da questa lista, per ragioni di sicurezza.

In uno dei messaggi presenti nella secure list e inviati neppure due settimane dopo l'uccisione di Osama Bin Laden, un boss di Stratfor scrive: «Posso avere accesso ai materiali sequestrati nel covo di OBL. Quali sono le domande più importanti (che non siano 45, però) che vogliamo fare?». Gli risponde un collega: «[vogliamo sapere] i piani operativi precisi, dei rapporti con al-Qaeda nella Penisola Araba e delle connessioni a qualunque livello con lo stato del Pakistan». Per chi cerca queste informazioni, l'azienda? Stratfor non è un'associazione di volontari: è un'impresa che compra e vende intelligence a clienti che operano nei settori più svariati: da quello militare a quello finanziario, fino ai giornali. Non è chiaro a quali materiali segretissimi abbia avuto accesso sul blitz contro Bin Laden.

Nei suoi messaggi, il boss di Stratfor registra soltanto alcune informazioni sulle connessioni tra Bin Laden e i pakistani, che sarebbero personaggi di «medio e alto livello nell'Isi [il servizio segreto del Pakistan] e dell'esercito, con un generale in pensione che era a conoscenza del covo e delle mosse di Bin Laden». «I nomi non mi sono stati forniti», continua l'analista, «ma io ho la percezione chiarissima che noi (l'intelligence americana) conosciamo nomi e gradi. Se io avessi il comando in questa faccenda, non passerei queste informazioni al governo del Pakistan. Infilerei questi nomi in una lista di persone che non hanno alcuna relazione con questi fatti e la sottoporrei ai pakistani per vedere se ce lo dicono".

Clienti eccellenti.
Multinazionali, eserciti, giornali. Le aziende interessate a comprare informazioni da Stratfor sono una miriade. Anche Eni e Finmeccanica figurano nel database. Di sicuro tra i clienti c'è il colosso della chimica Dow Chemical. Una serie di email testimonia come Stratfor incameri valanghe di dati sugli attivisti che stanno promuovendo una campagna per impedire che la Dow Chemical sponsorizzi le Olimpiadi del 2012 a Londra. Politici indiani e inglesi, atleti e attivisti per i diritti umani insistono che Dow Chemical non può fare da sponsor a un evento mondiale, visto che il caso Bhopal non è ancora chiuso. Bhopal è stato probabilmente il più grande disastro ambientale del mondo.

Nel 1984 l'azienda americana Union Carbide fu responsabile di una fuga di isocianato di metile dall'impianto indiano della città di Bhopal: nei primi tre giorni della tragedia la nube tossica fece 3mila morti, ad oggi siamo arrivati a 15mila, mentre le persone colpite da problemi di salute innescati dall'incidente sono 600 mila. Union Carbide è passata a Dow Chemical nel 1999, ma la guerra per i risarcimenti alle vittime va ancora avanti a distanza di quasi 30 anni.

Quando Dow ha annunciato la sponsorizzazione delle Olimpiadi, è scoppiata la protesta, che ha subito incendiato la blogosfera.

Nelle email di Stratfor, c'è un diluvio di allegati che testimoniano il monitoraggio costante dei blog, dei commenti su Facebook e su Twitter degli attivisti che si battono contro la sponsorizzazione delle Olimpiadi da parte di Dow. Il monitoraggio non è di per sé illegale: i dati sono disponibili in rete per chiunque, come ben sa chi posta commenti su un blog o su Twitter. Ma da chi e come vengono usate queste informazioni incamerate e finite nelle email di Stratfor?

Tra le organizzazioni monitorate ci sono anche gli 'Yes Men': un gruppo internazionale di attivisti che propone azioni dimostrative di tipo satirico contro multinazionali e leader politici, come George W. Bush. Infine, nel database non poteva mancare la potente azienda petrolifera americana, Halliburton, che durante la guerra in Iraq del 2003 ha incassato contratti miliardari, grazie anche ai contatti con il vicepresidente Dick Cheney, che fino a tre prima ne era Ceo. In un'email del 2009, un boss di Stratfor scrive: «Ieri a Houston ho pranzato con l'ex giudice federale Sam Kent (il primo giudice federale riconosciuto colpevole di gravi crimini sessuali negli Stati Uniti». Il giudice avrebbe raccontato a Stratfor: «Non è strano che il Dipartimento della Giustizia abbia cominciato a cercare il marcio su di me proprio alcune settimane dopo che io ho emesso una pesante sentenza contro la Halliburton. Da quel momento, una serie di piccole storie private si sono trasformate in una faccenda non vera, che è montata fino a diventare un caso senza precedenti contro un giudice federale».

«Gli ho detto che era matto a emettere una qualsiasi sentenza contro la Halliburton e che questa storia sembrava un intreccio alla John Grisham», conclude l'analista di Stratfor, riferendosi alla storia del giudice come a una faccenda degna di un thriller dello scrittore Grisham. L'analista raccomanda ai colleghi ammessi alla secure list, a cui questo messaggio è indirizzato, che questa comunicazione rimanga «solo per uso interno, per favore», ovvero che non esca dai server aziendali. Non a caso l'ha postata nella lista più sicura, dove si discutono le informazioni più delicate.

Evidentemente, neppure Stratfor, ombra della Cia, aveva messo in conto un blitz di Anonymous. E l'avvento dell'era di WikiLeaks.


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